Studio Legale Campiotti Mastrorosa

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Responsabile la banca per la condotta illecita del promotore finanziario

CORTE DI APPELLO DI MILANO, SENT. 2661 DEL 20.10.2020

La Corte d’Appello di Milano con la sentenza n. 2661/2020 ha accolto le tesi dello Studio Legale Campiotti Mastrorosa, in una complessa vicenda relativa ai danni patiti dai clienti di un importante istituto di credito a causa dei comportamenti illeciti di un promotore finanziario.

La causa era stata promossa da alcuni clienti di una banca, seguiti per anni dal medesimo promotore finanziario, dopo essere stati convocati presso la sede della stessa e in quella occasione scoperto che il professionista, a cui si erano affidati fino a quel momento, aveva sottratto loro ingenti somme che essi ritenevano investite a loro favore e presenti nel proprio portafoglio finanziario.

Mentre nessun dubbio vi è stato sulla responsabilità del promotore finanziario, condannato in entrambi i gradi di giudizio, l’aspetto saliente della pronuncia della Corte d’Appello è di aver ribaltato la sentenza del Tribunale, riconoscendo la corresponsabilità della banca. Si deve infatti considerare che in queste ipotesi (purtroppo non rare) l’unico modo di ottenere un risarcimento passa attraverso la banca, poiché il promotore che ha materialmente commesso le condotte illecite (generalmente nei confronti di decine di clienti) non ha un patrimonio personale (verosimilmente perché distratto) tale da ripagare tutti i danni cagionati.

La norma di riferimento è l’art. 31 del D.Lgs 58/1998, il quale sancisce che l’istituto di credito è responsabile in solido dei danni arrecati a terzi dal consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede, anche se tali danni siano conseguenti a responsabilità accertata in sede penale.

Numerosissime sono state le pronunce giudiziali in materia, che hanno ritenuto che tale norma operi solo laddove sussiste il cosiddetto nesso di occasionalità necessaria tra le incombenze affidate al promotore e l’incarico ricevuto dalla banca. Nesso che si può escludere in caso di profonda anomalia nel rapporto tra le parti, che si riscontra quando il cliente ha una consapevole e fattiva acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sul consulente.

Nel caso di specie la Corte d’Appello ha abbracciato un’interpretazione più coerente con le finalità dell’istituto, posto a protezione del singolo investitore.

È risultato che nei singoli casi le modalità operative intercorse tra le parti erano sicuramente irregolari, come ad esempio la firma di moduli di bonifico in bianco, la consegna di assegni non intestati, la rendicontazione delle operazioni su fogli manoscritti dal promotore e non trasmessi direttamente dalla banca, eccetera. Tuttavia la Corte ha ritenuto integrato il nesso di occasionalità necessaria, considerate le competenze finanziarie delle vittime, che “nell’ipotesi di rapporti di lunga data, come nel caso di specie, l’inevitabile fiducia intercorrente tra il cliente e il promotore finanziario ben può giustificare una minore attenzione del cliente circa le modalità operative tenute dal promotore finanziario” e “la particolare ingegnosità/accortezza del promotore nell’avere inizialmente adempiuto regolarmente gli incarichi ricevuti, mettendo in atto piani truffaldini soltanto quando era ormai sicuro di avere conquistato la totale fiducia del cliente”.

La Corte nell’affermare la responsabilità della banca ha peraltro stigmatizzato “la totale assenza di vigilanza e controllo sull’operato del proprio promotore finanziario, assenza protrattasi per anni”, alla luce anche l’intensissima attività illecita del promotore.