CASSAZIONE CIVILE SEZ. VI, 01/02/2021, N. 2177 –
La Cassazione è recentemente tornata ad occuparsi del problema della cumulabilità tra pensione di reversibilità ai superstiti e risarcimento del danno patrimoniale da lucro cessante.
Il caso era quello dei famigliari di Tizio, deceduto a seguito di un sinistro stradale causato dal veicolo condotto da Caio, che ricorrevano al Tribunale per vedersi riconosciuto, tra l’altro, il danno patrimoniale dovuto alla perdita degli emolumenti che Tizio garantiva alla propria famiglia.
In primo grado, così come in appello, la richiesta dei congiunti di Tizio era rigettata. Veniva infatti affermato che, dal momento che i famigliari danneggiati beneficiavano d’una pensione di reversibilità pari al 60% del reddito del defunto, si doveva applicare il principio della cd. “compensatio lucri cum damno”, ossia il criterio secondo cui i danni derivanti da un illecito (in questo caso la perdita dei guadagni di Tizio) si debbano compensare gli eventuali vantaggi conseguiti (in questo caso la pensione ai superstiti conseguenza diretta della morte di Tizio).
Rivoltisi alla Corte di Cassazione, i famigliari trovavano finalmente il riconoscimento alle proprie pretese.
Aderendo all’orientamento già espresso dalle Sezioni Unite nel 2018, la Corte ha infatti ricordato che la compensatio lucri cum damno può attuarsi solo nel caso in cui la fonte della perdita e del guadagno derivino da fatto illecito.
Nel caso di specie, invece, “dal risarcimento del danno patrimoniale patito dal familiare di persona deceduta per colpa altrui non deve essere detratto il valore capitale della pensione di reversibilità accordata dall’Inps al familiare superstite in conseguenza della morte del congiunto, trattandosi di una forma di tutela previdenziale connessa ad un peculiare fondamento solidaristico e non geneticamente connotata dalla finalità di rimuovere le conseguenze prodottesi nel patrimonio del danneggiato per effetto dell’illecito del terzo”.