CASSAZIONE CIVILE SEZ. VI, 01/07/2020, N.13261
La Corte di Cassazione è tornata a ribadire un principio già espresso dalle Sezioni Unite nel 2015, in tema di danno da perdita di vita.
La triste vicenda processuale vedeva Tizio agire in giudizio per ottenere il risarcimento del danno sofferto a seguito del decesso del figlio a causa di un sinistro stradale.
Le richieste di Tizio erano accolte dal Tribunale adito. Veniva invece rigettata, sia in primo grado, sia in sede di appello, la pretesa relativa al danno che il figlio avrebbe subito (e che il padre lamentava quale suo erede) “per aver perso la vita”.
Il rigetto è stato confermato anche in grado di legittimità, con la sentenza in commento. La decisione, con motivazioni sintetiche ma rigorose, chiarisce infatti che, nel caso di morte immediata o che segua entro brevissimo lasso di tempo alle lesioni, “non è risarcibile nel nostro ordinamento il danno “da perdita della vita”, poichè non è sostenibile che un diritto sorga nello stesso momento in cui si estingua chi dovrebbe esserne titolare”.
È bene notare che la pronuncia in oggetto segue il solco tracciato dalle sezioni unite nel 2015 (sent. n. 15350) che, con una pronuncia ben più articolata, a loro volta avvaloravano un principio già espresso nel lontano 1925 (Cass. sez. un. 1925, n. 3475).
In altre parole, ricordando il filosofo Epicuro, che viene espressamente menzionato dalla corte, “il più temibile dei mali, la morte, non è nulla per noi, perchè quando ci siamo noi non c’è la morte, quando c’è la morte non ci siamo più noi”.