La ristrutturazione dei debiti è una procedura per la composizione della crisi da sovraindebitamento introdotta dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) in sostituzione dell’istituto del piano del consumatore di cui alla legge n. 3/2012.
Lo scopo del procedimento (al pari del concordato minore e della liquidazione controllata) è l’esdebitazione, ossia la liberazione dai debiti residui non soddisfatti: trattasi infatti di uno strumento giuridico mediante il quale è possibile rinegoziare i debiti e vedersi riconosciuto il diritto di pagarli diversamente da come inizialmente previsto, oppure di non pagarne una parte.
La procedura è riservata esclusivamente al consumatore definito dall’art. 2, lett. e), del CCII, quale persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta -anche se socia di una s.n.c., di una s.a.s. o di una s.a.p.a.-. Il sovraindebitamento rappresenta la condizione di crisi od insolvenza di un soggetto che non riesce a ripianare le obbligazioni assunte con istituti bancari e finanziari (es. mutui e presiti personali), pubbliche amministrazioni (Agenzia Entrate), fornitori o privati (es. debiti condominiali).
Per usufruire di tale strumento il consumatore non deve esser già stato esdebitato nei cinque anni precedenti la domanda od aver già beneficiato dell’esdebitazione per due volte, ovvero aver determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode.
La domanda di accesso alla procedura deve essere presentata presso il Tribunale del luogo in cui il debitore ha il centro principale dei suoi interessi tramite l’ausilio di un Organismo di composizione della crisi (OCC); detto Organismo ha altresì il compito di redigere una relazione – da allegare alla domanda introduttiva – contenente: l’indicazione delle cause dell’indebitamento; le ragioni dell’incapacità del debitore a soddisfare le obbligazioni; l’attendibilità dei documenti a supporto della richiesta; i presumibili costi della procedura.
La proposta di ristrutturazione deve indicare tempi e modalità per superare la crisi economica e può prevedere il soddisfacimento – anche parziale e differenziato – dei crediti in qualsiasi forma. Tra i debiti da rinegoziare è possibile indicare anche quelli derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, del TFR o della pensione.
La ristrutturazione dei debiti è prevista anche in ambito familiare (art. 66 CCII) e, a differenza del concordato minore, non è sottoposta all’approvazione dei creditori insoddisfatti soggiacendo unicamente alla valutazione e controllo del Tribunale in composizione monocratica. Non è quindi necessario il voto favorevole della maggioranza dei creditori per ottenere l’esdebitazione, essendo a tal fine sufficiente solo che il piano venga omologato dal Giudice e che il debitore dia corretta esecuzione allo stesso.
Se il Tribunale ritiene ammissibile la domanda dispone con decreto la pubblicazione di proposta e piano sul sito web del Tribunale o del Ministero di Giustizia nonché la comunicazione di questi ai creditori entro 30 giorni; quest’ultimi hanno 20 giorni per proporre eventuali osservazioni.
Dal decreto di apertura della procedura possono conseguire rilevanti effetti.
Se il debitore lo richiede, vengono disposte le seguenti misure protettive del suo patrimonio: divieto di compiere atti di straordinaria amministrazione se non preventivamente autorizzati; sospensione dei procedimenti di esecuzione forzata che pregiudicherebbero la fattibilità del piano; divieto di azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del consumatore.
Il giudice omologa il piano con sentenza previa verifica dell’ammissibilità giuridica e fattibilità economica dello stesso e dopo la risoluzione di ogni questione, disponendone, ove necessario, la trascrizione a cura dell’OCC. In caso di diniego all’omologazione il tribunale dichiara l’inefficacia delle misure protettive eventualmente accordate e, su domanda del debitore (e, in caso di frode, su istanza del P.M. o di un creditore), dispone la conversione in liquidazione controllata se ne ricorrono i presupposti di legge.
Con la sentenza di omologazione e chiusura della procedura si avvia la fase di esecuzione che compete al debitore il quale, sotto la vigilanza dell’OCC, deve provvedere al compimento degli atti previsti nel piano ed ai pagamenti -od alle altre forme di adempimento- a favore dei creditori previsti nella proposta.
Eseguito correttamente il piano, l’OCC ne certifica la corretta esecuzione mediante presentazione di una relazione finale al Giudice; diversamente, in caso d’inadempimento agli obblighi ivi previsti (e negli altri casi previsti dall’art. 72 CCII) il Giudice revoca d’ufficio – o su istanza di un creditore, del pubblico ministero o di qualsiasi altro interessato – l’omologazione del piano in contraddittorio con il consumatore.